Tecniche di lavorazione

Ammannitura o Imprimitura

Nella letteratura moderna e specialistica indica lo strato superiore e di finitura di una preparazione, caratterizzato da uno spessore sottile e da una superficie liscia e uniforme, in modo da facilitare la stesura delle pennellate. A seconda delle sue caratteristiche conferisce agli strati pittorici una colorazione di base trasparente o opaca. Tradizionalmente il termine è utilizzato in senso più generico a indicare la preparazione a colla e gesso di una superficie da dipingere, comunque con l’intento di distinguere questa dalla mestica, caratterizzata dalla presenza di una parte oleosa.

La doratura a guazzo

E’ la tecnica tradizionale, la più difficile, usata sin dal 1200 dai grandi artisti italiani ed europei. La decorazione in oro arricchiva il dipinto sia materialmente che artisticamente, donando luminosità all’opera ed esaltando i colori della parte a pittura. Non sono rari i casi di tavole in cui tutto il fondo, ad eccezione del santo rappresentato, è interamente dorato. Nella doratura a guazzo l´oro viene steso per primo sulla tavola, ed in seguito si passa alla pittura vera e propria. La tavola viene preparata incidendo il bordo dell’area da dorare, dopodiché si applica un composto colloso ed infine la lamina metallica. Il substrato usato in passato era composto da acqua, bianco d´uovo montato a neve e bolo, un composto di argilla grassa e finissima; oggi la composizione è cambiata, e si usa dare due strati. Per primo uno strato (Ammanitura o imprimitura) di solfato di calcio idrato, detto anche Gesso di Bologna, bianco di Meudon o bianco di Spagna, scaldato a bagnomaria. Necessita solitamente di 2-5 mani di stesura, e va levigato con grande cura per lasciare la tavola perfettamente liscia. In seguito si passa il bolo d’ argilla: va mescolato con acqua e collante. Il bolo influenza il colore finale della doratura, per cui a seconda della necessità può essere giallo (oro brillante), rosso (oro scuro) o nero (oro antico). Solo con una tavola perfettamente liscia si può procedere alla doratura vera e propria, cioè l’apposizione di lamine sottilissime di metallo dorato, trasferite con grande cura dalla base in carta alla tavola inumidita tramite un coltello sottile (coltello da doratore) o un pennello morbido. Prima di questa operazione è indispensabile stendere una sottilissima passata di guazzo, un composto di alcol, acqua e colla. Il guazzo va steso immediatamente prima dell’applicazione dell’oro. Una volta posizionata la foglia, può essere sagomata col medesimo coltello. Le foglie vanno sovrapposte di un paio di millimetri, per evitare inestetismi e distacchi. Il foglio usato può essere di diverso tipo , dal colore oro al bronzo.

Brunitura

Da farsi una volta asciutta la colla, consiste nello sfregamento della lamina con un attrezzo detto brunitoio (composto da un manico in legno e una testa in agata sagomata). Lo sfregamento serve a levigare la lamina d’oro e a renderla lucida. La brunitura viene omessa per particolari effetti di “anticato”. Va effettuata in diversi sensi, per non lasciare tracce di striature.

Velatura

La velatura serve per proteggere la doratura dall’invecchiamento e per ridurre la lucentezza dell’oro brunito. Può essere effettuata con una stesura leggerissima di cera, con gommalacca, vernice mecca o con altre sostanze. Non è strettamente necessaria, ma favorisce il mantenimento della lucentezza nel tempo.

Decorazione

Sulla foglia in oro possono essere realizzate delle decorazioni con punzoni e bulini, tecniche decorative che risalgono al ‘300

Invecchiamento

Durante il restauro è necessario rendere la lamina nuova omogenea con quella originale rimasta. Si spennella una soluzione di bitume in acquaragia, o una apposita vernice del colore corretto, cercando di non lasciare striature. Una volta data la prima passata a pennello si può procedere con del cotone a uniformare la stesura.